Ambienti corrosivi
Un manufatto metallico può essere utilizzato in ambienti con comportamenti differenti dal punto di vista dell’attacco corrosivo, classificabili in:
- atmosfera
- acque dolci (con diverso grado di durezza)
- acqua marina
- soluzioni particolari (acidi organici e inorganici, sostanze basiche, alimenti)
La corrosione dei materiali metallici è il fenomeno elettrochimico che provoca il deterioramento, generalmente lento, del materiale stesso causato dall’interazione chimico-fisica con l’ambiente circostante.
Meccanismi che provocano la corrosione
La corrosione può classificarsi in due principali categorie:
- chimica
- elettrochimica
La corrosione chimica avviene per combinazione diretta del metallo con una o più sostanza chimiche, formando strati di ossidi aderenti alla superficie del metallo o cavità. Il metallo cede elettroni alla sostanza chimica reagente senza però provocare il passaggio di corrente elettrica.
Tale processo si verifica quando il metallo viene a contatto con:
- un reagente chimico
- un agente atmosferico
- un agente chimico disciolto nell’acqua o nell’aria
Mentre la velocità di corrosione può dipendere dalla temperatura di esercizio, dalla pressione atmosferica, dalla pressione di esercizio, dallo strato superficiale del metallo.
La corrosione elettrochimica si verifica quando il materiale metallico è aggredito da particolari sostanze chimiche in presenza di acqua o di vapore acqueo. In presenza di liquido elettrolita, tra due diversi metalli si sviluppa una differenza di potenziale che provoca migrazione di ioni dal metallo con potenziale minore verso il metallo con potenziale maggiore.
Le principali tipologie di corrosione elettrochimica sono:
La corrosione galvanica
la corrosione galvanica: si verifica dal contatto tra metalli con diverse caratteristiche di composizione
Il meccanismo della corrosione galvanica si innesca quando due materiali, aventi un diverso valore di nobiltà vengono posti a diretto contatto (formando un accoppiamento galvanico), in presenza di un terzo elemento detto “elettrolita”.
Si genera un flusso di elettroni dal materiale meno nobile (avente potenziale minore), denominato anodo (o polo negativo) che si ossida, verso quello più nobile avente potenziale maggiore, denominato catodo (o polo positivo).
I metalli meno nobili (per esempio zinco, ferro, nichel) presentano una maggiore tendenza a corrodersi rispetto ai metalli più nobili (per esempio rame, argento, acciaio inossidabile), per cui mettendo a contatto un metallo meno nobile e un metallo più nobile sarà il metallo meno nobile a corrodersi (fungendo da anodo).
Dal punto di vista della corrosione, la nobiltà di un metallo indica la maggiore o minor facilità a cedere un certo numero di elettroni. I metalli più nobili (ad esempio rame e argento) cedono più difficilmente gli elettroni dei metalli meno nobili (ad esempio ferro e zinco).
L’entità della corrosione galvanica dipende:
dalla differenza di potenziale che si crea tra i due elementi, che è tanto più grande quanto più distanti sono gli elementi stessi nella scala dei potenziali standard (o scala galvanica);
dalla quantità di ossigeno presente nell’ambiente;
dal rapporto tra la superficie complessiva dei due metalli e quella del metallo meno nobile.
Va tenuto presente che la realizzazione di accoppiamenti di materiali prossimi tra loro nelle serie galvaniche è una condizione favorevole, risultando questi materiali tra loro “galvanicamente compatibili”, mentre è da evitare l’impiego di materiali tra loro lontani nella serie galvanica d’interesse.
Un altro fattore importante nella regolazione della corrosione galvanica è rappresentato dal rapporto tra le aree catodiche e quelle anodiche; le condizioni più sfavorevoli si realizzano quando l’area anodica è piccola rispetto a quella catodica, in quanto l’attacco corrosivo si concentra sull’area limitata. Un esempio tipico può essere l’impiego di elementi di giunzione in ferro (chiodi o viti) su strutture in rame o (come succede spesso nelle costruzioni idrauliche) bulloni in acciaio inox su tubazioni in acciaio al carbonio o in ghisa.
La prevenzione o il contenimento della corrosione per contatto possono essere realizzati evitando il contatto tra materiali di nobiltà molto diversa o isolando tra loro, ove possibile, materiali metallici differenti. Anche l’impiego di rivestimenti protettivi o di inibitori può ridurre il rischio di corrosione per contatto. Qualora sia impossibile evitare l’impiego di una coppia di materiali metallici tra loro non compatibili, si può ampliare la catena galvanica, introducendo un terzo metallo, meno nobile di quelli costituenti la coppia, agente quindi come anodo sacrificale.
La corrosione per aerazione differenziale
la corrosione per aerazione differenziale è dovuta a una diversa concentrazione dell’ossigeno a contatto con una superficie metallica, in presenza di uno strato di umidità. L’ossigeno diffonde meglio in superficie, anziché nella zona interna e a contatto con il metallo. La diversa concentrazione dell’ossigeno genera una pila cartocircuitata, rendendo anodica la zona più povera di ossigeno (corrosione) e catodica quella più esterna e più ricca di ossigeno.
La corrosione interstiziale
la corrosione interstiziale si manifesta in corrispondenza di fessure molto piccole comprese tra due zone metalliche o tra una metallica e l’altra non metallica.
Il liquido elettrolita presente nella fessura non si rinnova (stagnazione), abbattendo localmente la percentuale di ossigeno (anodo); nelle zone circostanti, invece, arrivano nuovo liquido e ossigeno (catodo).
Il progredire della corrosione nella fessura, favorita anche dalla sporcizia d’officina o atmosferica depositatasi, genera elevata concentrazione di ioni metallici al suo interno. L’eventuale presenza di sostanze a base di cloro consente, all’interno della fessura, la formazione di idrossido metallico e di acido cloridrico, con progressiva riduzione del valore del Ph e accelerazione del fenomeno corrosivo.
Per prevenire questo fenomeno corrosivo si devono principalmente seguire queste regole durante la progettazione:
– evitare interstizi nell’accoppiamento;
– saldare tubi e flange con saldature di testa e se questo non fosse possibile effettuare la saldatura da ambo i lati;
– dimensionare le guarnizioni in modo che risultino a filo delle superfici;
– scegliere flange di accoppiamento di opportuno spessore per fare in modo che non si creino interstizi tra le superfici accoppiate a causa della flessione indotta.
(a) giunzioni; (b)saldature
La corrosione intergranulare
La corrosione intergranulare può provocare lo sgretolamento del pezzo. Si localizza nel bordo dei grani del reticolo cristallino che per motivi termici, come per esempio la saldatura, risulta sensibile agli attacchi aggressivi di particolari agenti corrosivi in quanto la percentuale di cromo risulta insufficiente per la creazione della pellicola protettiva di ossido.
Questo tipo di corrosione avviene più facilmente nelle leghe metalliche, perché oltre al metallo base possono contenere inclusioni generate dai precedenti processi produttivi e di trasformazione.
Ad esempio, gli acciai inossidabili sono suscettibili a corrosione intergranulare se sottoposti a trattamenti termici in una fascia di temperatura tra i 400 e 900°C (trattamento di sensibilizzazione). A questa temperatura il carbonio, presente nella lega, tende a formare carburi con il cromo; questi carburi migrano dall’interno verso l’esterno del grano, trascinando con sé il carbonio per formare raggruppamenti di carburi di cromo lungo i bordi del grano. Si potranno verificare i seguenti danneggiamenti:
corrosione intergranulare dell’acciaio lungo il bordo cristallino;
- riduzione della percentuale di cromo nel grano e perdita della capacità di passivazione;
- decarburazione del grano cristallino e perdita delle proprietà meccaniche dell’acciaio.
Queste cause di danneggiamento si potranno evitare applicando alcune procedure in base alla natura del materiale metallico:
- favorire un acciaio inossidabile con basse percentuali di carbonio;
- impiegare elementi stabilizzanti (Ti, Nb, V, Ta)
- eseguire un trattamento termico che solubilizza nuovamente i carburi di cromo e limita la permanenza del metallo alle temperature di sensibilizzazione.
La corrosione per vaiolatura
la corrosione per vaiolatura è una forma di attacco corrosivo che si presenta come cavità (pit) molto profonde che possono perforare il materiale mantenendo una forma affusolata o creare delle caverne molto larghe.
Interessa gli acciai comuni al carbonio, gli acciai inossidabili, le lege di alluminio e le leghe del rame, in condizione di stagnazione dei fluidi, di sfregamento o di cavitazione.
Il processo di corrosione viene attivato quando il materiale è presente in soluzioni che contengono ioni specifici (alogenuri, perclorati, ecc.) come ad esempio l’acqua di mare, ambiente molto favorevole a questa tipologia di corrosione. Il pitting si genera attraverso due stadi differenti: l’innesco e la propagazione/accrescimento.
L’innesco si verifica nei punti in cui lo strato protettivo di passivazione superficiale è più debole, per esempio in corrispondenza dei bordi del grano, delle inclusioni oppure delle zone incrudite. Queste zone risultano anodiche rispetto al resto della superficie del metallo. Si ottiene localmente una diminuzione della concentrazione dell’ossigeno disciolto ed un aumento della concentrazione degli ioni alogenuri. Dopo l’innesco, il pit si sviluppa con effetto autostimolante.
Il processo di accrescimento può conferire al pit aspetti morfologici diversi e imprevedibili. Il pit può seguire la gravità con una direzione di accrescimento verticale oppure tende ad evitare superfici molto resistenti meccanicamente (incrudite).
L’incremento locale della concentrazione degli ioni provocherà diminuzione del pH accelerando il fenomeno corrosivo.
Nella zona attaccata, l’ossigeno non riesce ad entrare; la sua riduzione si localizza sulla superficie del metallo prossima al pit. L’ambiente che si viene a formare all’interno del pit ha una composizione chimica differente da quella media dell’ambiente, grazie ad un elevato tenore di alogenuri e di ioni H+ e all’assenza di ossigeno.
Si crea una cella ad aerazione differenziale, in cui la composizione chimica locale evolve notevolmente, in modo peggiorativo, durante l’attacco.
La corrosione sotto sforzo (Tensocorriosione)
la corrosione sotto sforzo si manifesta quando su un componente metallico agiscono contemporaneamente uno sforzo meccanico di trazione ed un attacco chimico di tipo corrosivo. Questo fenomeno causa la formazione e la propagazione di cricche intergranulari (a), trasgranulari (b), oppure transgranulari a delta di fiume (c).
In tutti questi casi il carico si considera applicato ortogonalmente alla direzione di propagazione della cricca.
L’evoluzione della cricca può essere suddivisa in tre stadi di propagazione:
- Innesco: in corrispondenza di rotture locali del film protettivo. La cricca si forma mediante meccanismi che richiamano l’evoluzione del pit (vaiolatura);
- Propagazione: la cricca avanza con l’azione sinergica dello stato di sollecitazioni e dell’ambiente locale all’interno della cricca stessa che diventa chimicamente aggressivo;
- Rottura di schianto: i valori del “fattore di intensificazione degli sforzi” (K) raggiungono un valore critico. L’evoluzione della cricca è tale per cui il valore di K passa da KIscc (scc = stress corrosion craking) (al di sotto del quale non si osserva alcuna propagazione della cricca) fino al valore critico KIc (tenacità del materiale) in corrispondenza del quale si ha la rottura di schianto.
Se KIscc < KI < KIc , si hanno tre fasi:
Fase I: la velocità di avanzamento delle cricche dipende fortemente da KI. Per piccole variazioni di KI si ha un forte aumento di v.
Fase II: la velocità di avanzamento è indipendente da KI. L’avanzamento della cricca dipende da fenomeni corrosivi (avanzamento sub-critico). Per alcuni sistemi (accoppiamento metallo ambiente) si nota una moderata dipendenza di v da KI (curva a).
Fase III: Forte dipendenza di v da KI fino a superare KIc fino ad arrivare a rottura di schianto.
Le principali cause di corrosione sotto sforzo sono dovute a:
- tensioni generate dall’applicazione di forze esterne
- tensioni interne derivanti, ad esempio, da errori di montaggio
- tensioni dovute a variazioni atmosferiche o processi
- irregolarità metallurgiche superficiali
Per evitare il fenomeno di questo tipo di corrosione:
- creare uno stato di compressione superficiale (pallinatura)
- applicare un trattamento termico di distensione
- proteggere con rivestimenti di metallo puro (ad es. zinco)
- la corrosione per fatica
La presenza di un ambiente aggressivo accelera i tempi di rottura per fatica di quasi tutti i materiali.
Nei materiali metallici sottoposti ad un carico variabile e ripetuto, si possono formare e propagare perpendicolarmente delle cricche che possono portare a rottura il materiale anche per un valore del carico inferiore a quello che li porterebbe a rottura statica.
L’effetto risultante della corrosione e della fatica è in genere nettamente superiore a quello dei due effetti separati. L’effetto più evidente è l’abbassamento del limite di fatica.
Le cricche sono in genere numerose (senza ramificazioni). Normalmente le cricche sono transcristalline e perpendicolari alla superficie di massima sollecitazione a trazione.
Se lo sforzo è di trazione e compressione o flessione alternata, le cricche sono perpendicolari alla direzione di trazione o parallele all’asse di flessione.
Le tecniche di protezione sono analoghe a quelle proposte per la tensocorrosione. I rivestimenti superficiali devono adattarsi alla superficie in continua deformazione, senza rompersi (deformazione elastica).